DYLAN DOG - Comic Art


Quando Dylan Dog Morì


«Oltre alla fantascienza, l'altra serie del 1986 potrebbe essere horror... Secondo me vale la pena di tentare». Con queste parole Tiziano Sciavi, in una brevissima relazione, presentava il progetto Dylan Dog all'editore, nella primavera del 1985. Sclavi dirigeva ancora "Pilot" (i cui folli redazionali erano, guarda caso, in gran parte "splatter"), ma il destino di quella strana rivista era già segnato, avrebbe chiuso in luglio. In casa Bonelli, dopo la parentesi del fumetto "d'elite", la parola d'ordine era «ributtarsi a pesce sui nostri cari, vecchi albi popolari». Per l'anno seguente, bisognava mettere in cantiere due nuove serie: una senz'altro di fantascienza (in realtà poi rimandata, e solo ora ripresa da Medda, Serra e Vigna con "Nathan Never"). E l'altra? Horror, appunto: effettivamente, valeva la pena di tentare. Un paio di mesi per mettere a punto il progetto; all'inizio Scilvi immaginava un solitario detective "nero", un po' chandleriano, senza spalle comiche, a New York. Le discussioni con Bonelli furono determinanti: Londra, giovanotto scanzonato, spalla comicissima. A Claudio Villa si chiese di dare un volto a Dylan Dog («il nome è provvisorio, poi lo cambieremo») e lui portò degli studi di un tale che assomigliava ad Antonio Gades, il ballerino, un tipo molto latino. Un mese prima Sclavi aveva visto "Another Country", e aveva pensato che quel Rupert Everett aveva proprio una bella faccia da fumetti. A Villa fu restituito Gades e fu ordinato di andare a vedere "Another Country", lo stesso pomeriggio. Fece gli schizzi nel buio del cinema.
Quanto a Groucho, Bonelli stava scrivendo un western, "River Bill" apparso nella collana "Tutto West", in cui c'era un personaggio ispirato a Groucho Marx: si optò quindi per il povero Marty Feldman, ma disegnato risultava più mostruoso dei mostri. E Groucho tornò, in extremis, a essere Groucho, e pazienza per il doppione. In settembre erano pronte le prime tre storie, subito consegnate a Stano, Trigo e; Montanari & Grassani. Per le copertine, fecero delle prove Villa e Stano: a parità di valore, fu preferito il segno di Villa, più tradizionale e bonelliano (ma con il numero 42 i due si sono dati il cambio). A fine settembre dell'86 uscì il numero 1 di Dylan Dog, "L'alba dei morti viventi".
Un paio di giorni dopo il distributore telefonò. «L'albo è morto in edicola, un fiasco».
A Sclai vi fu tenuta pietosamente nascosta l'orrenda! notizia.
Una settimana dopo, altra telefonata; del distributore. «È un boom, praticamente; esaurito, forse dovremo ristamparlo».
La verità, come sempre, stava nel mezzo: semplicemente, il tamtam tra i lettori (cioè la migliore! campagna pubblicitaria, e per giunta gratis); aveva cominciato a funzionare, e tra gli horrorofili si spargeva la lieta insanguinata novella. Risultato: un medio successo, sulle cinquantamila copie. Ma in crescendo. Oggi, a neanche cinque anni di distanza, il crescendo è diventato rossiniano.
Dylan Dog ha superato nelle vendite star del calibro di Zagor; e Mister No, piazzandosi al secondo posto dopo Tex. E Tex l'ha perfino battuto in un settore, quello degli arretrati: il catalogo è stato i spazzato via, si è resa necessaria una prima ristampa, nel '90, e dopo un solo anno è partita addirittura la "Seconda Ristampa" (un evento che ha dell'incredibile
nell'editoria a fumetti). Ma questo, paradossalmente, è il meno. La cosa straordinaria è che "l'indagatore dell'incubo" ha raggiunto in così poco tempo l'olimpo del "cult", sfiorando il fenomeno di costume. È stato citato da Giulio Giorello sulla terza pagina del "Corriere", Umberto Eco l'ha definito "autorevole" nella sua "Bustina" dell'Espresso", su "Millelibri" una filastrocca di Madame Verdurin ha invitato i lettori a consolarsi dell'amagra stagione letteraria leggendo Dylan Dog, recentemente è uscito un Oscar Mondadori con cinque storie riunite e la prefazione di Oreste del Buono, e così via (senza parlare delle miriadi di articoli su fanzine e giornali
specializzati, e dei numerosi volumi-saggio dedicati al personaggio). A ritmo frenetico piovono le richieste di opzione per film e telefilm, e il merchandising si sta muovendo alla grande con agende, diari, magliette, specchi, cuscini, giochi e decine di altri gadget. Altro record è quello della posta dei lettori: centinaia di lettere al mese, nessun confronto con quelle indirizzate agli altri personaggi della Casa Editrice. E una novità importante: un interesse sempre più vasto da parte del pubblico femminile, per la prima volta nell'universo tradizionalmente maschile dei fumetti Bonelli.
Il dilagare della serie ha poi imposto alla Bonelli dei "fuoriserie": oltre ai soliti Speciali estivi, c'è stato l'ormai mitico (e probabilmente destinato a un bis il prossimo anno) "Dylan Dog & Martin Mystère", e il primo "Almanacco della Paura". E c'è stata ovviamente questa "miniserie parallela" firmata Sclavi & Roi, apparsa su "Comic Art" e ora raccolta in volume.
Niente male, per un personaggio che esordì "morendo in edicola".
Ma le attenzioni maggiori vanno, com'è logico, ancora e sempre all'albo mensile, realizzato con cura che è forse senza precedenti e che, da parte di Sclavi, sfiora il maniacale. D'altronde, il suo sogno nascosto era probabilmente quello di creare in Italia il primo "fumetto d'autore" (sia pure tra gli inevitabile alti e bassi della serializzazione) che fosse anche popolare, a grande tiratura: un'impresa da far tremare i polsi. A detta di molti, c'è riuscito.
( testi tratti da: Dylan Dog - Gli Inquilini Arcani - di Decio Canzio Ed. Comic Art)


Testata: Dylan Dog
Titolo:
Gli Inquilini Arcani
Pubblicazione:
Fuori serie
del:
1989
Pag.:
n.64

Sogg. e Scenegg.:
Tiziano Sclavi
Disegni:
Corrado Roi
Edizione: Comic Art

Storie:
- Il Fantasma del terzo piano
- L'appartamento n. 13
- L'incubo e' finito

















( tavole tratte da: Dylan Dog Gli Inquilini
Arcani - Ed. Comic Art )









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